Con l’emergenza Covid19 la casa torna a essere un bene rifugio

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17/04/2020

di Fernando Todaro – Sales Partner We Are Town

 

L’attuale crisi economico-finanziaria rende appetibili gli investimenti immobiliari, decisamente meno influenzati dall’andamento delle Borse.

 

L’emergenza Coronavirus ha posto fine alla più lunga fase Toro di Wall Street, contrassegnata dal rialzo, facendo entrare la Borsa americana formalmente nell’Orso: gli indici hanno perso più del 20% rispetto ai massimi toccati di recente. Un brutto colpo per i mercati finanziari, quando ormai si pensava che azioni e obbligazioni fossero quasi destinate a correre insieme senza freni.

Invece, l’ondata emotiva legata alla pandemia e la conseguente corsa ai beni rifugio hanno fatto crollare i rendimenti dei bond a nuovi minimi storici, spingendo a tratti l’oro fino alle quotazioni più alte dal 2013 e facendo capitolare le Borse. A ciò va aggiunto il fatto che il comparto obbligazionario stesso, per quanto possa offrire rifugio ai capitali in cerca di reddito fisso, si mostra ormai saturo.

I rendimenti sono diventati negativi lungo le curve fino alle scadenze medio-lunghe, con Stati come Germania, Svizzera e Danimarca arrivati a non offrire più nemmeno un centesimo di utile per alcuni dei loro bond. In pratica, i titoli di Stato e del debito corporate sono diventati troppo costosi, anche solo per mantenerli in portafoglio.

Ecco perché oggi il mercato immobiliare torna a mostrarsi appetibile. Sì, proprio oggi, quando pensavamo che non fosse più in grado di offrirci valore.

Nei periodi ordinari si preferisce investire in strumenti finanziari, anziché in immobili, per una ragione ben precisa: la liquidità.

Gli scambi di azioni e bond sono giornalieri, frequenti e abbondanti, e consentono di entrare e uscire dal mercato ai prezzi desiderati o con un lieve scarto. Liberarsi di un immobile all’occorrenza, invece, è più problematico. Se non si vuole svendere la propria casa o superficie commerciale, bisogna avere la pazienza (e la possibilità) di aspettare per mesi o addirittura per anni, specie nei periodi di crisi in cui la domanda scarseggia.

 

Cosa fare quando la liquidità del mercato finanziario si “prosciuga”

Va detto che sono esistite numerose eccezioni a questa regola non scritta della “lentezza” del mercato immobiliare.  A Stoccolma, in tempi recenti, si è arrivati a vendere casa mediamente in poche ore dalla pubblicazione dell’annuncio.

Senza andare lontani, Milano ha vissuto lo stesso fenomeno, un caso più unico che raro nel panorama italiano, almeno fino all’epidemia di Coronavirus. Tuttavia, anche in questa fase di emergenza, l’immobile resta un asset più sicuro, meno esposto a oscillazioni, rispetto a un investimento finanziario.  Ecco perché quanto sta accadendo in queste settimane ci deve portare a rivalutare gli immobili.

Evidenziamo qui di seguito i principali motivi:

1- Il primo è che la liquidità dei mercati finanziari, che diamo per scontata in condizioni normali, tende a prosciugarsi in momenti estremi come questi. I trader di tutto il mondo hanno lanciato l’allarme, che gli eventi confermano ogni giorno.

2- A causa delle vendite a fiumi di azioni e degli acquisti incessanti di bond, si è arrivati in molti casi a non trovare domanda per le prime e offerta per i secondi. Il “bid ask spread” – ovvero la differenza tra il prezzo a cui l’intermediario è disposto a comprare titoli da terzi e il prezzo a cui l’intermediario è disposto a vendere titoli – si è ampliato, spesso anche significativamente, implicando l’estrema difficoltà di vendere o comprare ai prezzi desiderati, non esistendo le controparti necessarie.
L’allarme sul mercato obbligazionario adesso si chiama liquidità.

3- Al contrario, il mercato immobiliare, anche proprio per la lentezza dei suoi movimenti, si caratterizza per una maggiore stabilità. Difficile immaginare che il prezzo di vendita di una casa crolli del 20-30% in qualche giorno (come ha fatto Wall Street) o mese.

 

Nelle fasi di crisi i migliori rendimenti vengono dagli immobili

E quando l’economia ripiega, come sta vistosamente accadendo in Europa e negli Usa, le azioni scontano i minori utili delle società quotate e le obbligazioni rincarano a prezzi insostenibili.

Viceversa l’immobile tende a garantire una rendita costante.

Sul mercato americano, a esempio, nell’ultimo decennio il canone di locazione mediamente è cresciuto del 3% all’anno, più della stessa inflazione, segnalando come l’investimento immobiliare sia stato più efficace nel tutelare il potere di acquisto rispetto agli investimenti finanziari.

Aspetto ancora più interessante, quando Wall Street sprofondava in piena crisi finanziaria tra il 2008 e il 2009, il canone di locazione medio continuava a crescere, pur con qualche rallentamento. Solamente nel secondo trimestre del 2010 si registrò un calo quasi impercettibile (-0,00896%), mentre per il resto si passò dal +3,7% del primo trimestre del 2008 al +0,31% del primo trimestre del 2010.

In pratica, l’affitto tende a rincarare più lentamente quando l’economia va male, ma non arretra mai in valore assoluto, come confermano le ultime tre recessioni negli Usa.

In definitiva, la crisi non elimina l’esigenza di avere un tetto sulla testa e, per quanto possa ridurre la vivacità del mercato immobiliare, lascia spazio a una domanda minima, che determina il “prezzo base”. Così non avviene per i titoli finanziari, molto più volatili e soggetti a improvvisi crolli di liquidità negli scambi.

E da queste considerazioni si può prevedere che gli immobili, superato il primo impatto con l’emergenza, torneranno a breve a essere percepiti come l’investimento a lungo termine più sicuro.

 

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